Tortoreto. “Possibile Abruzzo esprime il proprio pieno appoggio ai 155 dipendenti della Betafence di Tortoreto in sciopero contro la chiusura annunciata dalla multinazionale produttrice reti e recinzioni metalliche, di proprietà di un fondo internazionale”. Fa sapere in una nota Possibile Abruzzo. “Lo stabilimento ha prodotto negli ultimi cinque anni circa 20 milioni di euro di utili e i dati evidenziano la solidità dell’azienda: non ci sono motivazioni economiche-finanziarie per la sua chiusura. Di fronte all’immediata grande attenzione di sindacati e politica locale, senz’altro positiva, vogliamo che si apra una più grande riflessione sul settore produttivo abruzzese, che ha conosciuto negli ultimi anni un numero impressionante di crisi e vertenze aziendali”.
“In questi stessi giorni la Yokohama ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Ortona, dove produce tubi off-shore per condotte di idrocarburi, lasciando altri 83 dipendenti nella totale incertezza. Sempre nel chietino”, prosegue Possibile Abruzzo,” ricordiamo la vicenda Ball, produttrice di lattine di alluminio per la grande distribuzione, con i 70 lavoratori lasciati a casa prima del Natale 2018, che non hanno poi trovato soluzione lavorativa nonostante l’attenzione nazionale. In Val di Sangro, distretto dell’automotive, sono ancora aperte le questioni ex Honeywell e Pilkington con numerosi posti ancora a rischio. Il teramano sta subendo un autentico prosciugamento del settore industriale, acuita dalle recenti crisi della ATR di Colonnella, della Selta di Tortoreto e della Veco di Martinsicuro, che si aggiungono al caso Betafence. Più di 200 lavoratori in totale che hanno partecipato lo scorso 25 giugno alla manifestazione sindacale nazionale a Roma”.
“Non abbiamo lo spazio per ricordare tutte le situazioni passate e presenti ma non vogliamo dimenticarne nessuna.
Seppur vero che nella nostra regione hanno chiuso i battenti anche diverse grandi imprese italiane, è evidente che”, spiega Possibile Abruzzo,” la presenza delle multinazionali ha generato per anni uno sviluppo industriale effimero, togliendo garanzie di stabilità per gli operai, con l’incognita di improvvise rilocalizzazioni in altri paesi, non sempre dettate dalla ormai decennale stagnazione economica. Oltre al doveroso impegno per tentare di salvare quanti più siti industriali possibili ci chiediamo se non sia arrivato il momento di chiederci se in Abruzzo non ci sia bisogno di una valutazione dell’investimento che tenga conto della protezione dei livelli occupazionali. Anche puntando su settori in espansione, per lo sviluppo sostenibile e tecnologico, piuttosto che aree produttive in declino destinate a non avere futuro”, conclude Possibile Abruzzo.