Coronavirus, scoperta ‘variante italiana’: circola dai primi di agosto, simile a quella inglese

Presidente virologi: “Urge Consorzio italiano per studiare varianti. Non sappiamo se la variante inglese è emersa esattamente a fine settembre, così come la nostra ai primi di agosto – precisa il numero uno dei virologi – Un’analisi temporale delle sequenze di Sars-CoV-2, effettuata dal gruppo di Massimo Ciccozzi”, epidemiologo dell’università Campus BioMedico di Roma, “ci dice che questa nuova variante italiana potrebbe essersi generata intorno ai primi di luglio. Quel che possiamo affermare dagli studi del collega Ciccozzi è che la nostra è di certo la prima evidenza di mutazioni nella proteina Spike a livello della posizione 501 in Italia e forse, almeno ad oggi, in Europa. L’omologia di sequenza tra la variante da noi identificata e quella inglese porta a pensare che la prima possa avere di fatto generato le altre che oggi stanno emergendo nel nostro continente. Ma per affermare questo è necessario ricostruirne i passaggi, e servono tante analisi del genoma virale ancora non disponibili”.
Ma c’è timore che il vaccino anti-Covid possa non funzionare sulla variante italiana? “Teoricamente no – risponde Caruso – Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike”, per cui, “anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare, anche solo per una sorta di ‘ingombro sterico’ che gli anticorpi creerebbero sulla superficie del virus. In poco tempo avremo comunque una risposta certa a questa domanda. L’alta carica virale presente nei tamponi di agosto e novembre” eseguiti sul paziente che non si negativizzava “ci ha permesso di isolare a Brescia i mutanti virali. Questo – sostiene Caruso – ci permetterà di cimentare questi virus con i sieri di pazienti Covid-19 ottenuti durante la prima ondata pandemica, e di valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedenza. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati. Io resto al momento ottimista”, conclude il presidente dei virologi italiani.