Chieti. ”La violenza ricevuta ha un ampio gradiente di gravità, può essere un’aggressione fisica, una minaccia di morte, una colluttazione e questa è una cosa gravissima, e può essere una parolaccia, un urlo, uno spintone, una situazione relazionale senza conseguenze fisiche e psichiche. Spesso si fa
finta di non aver ricevuto alcun tipo di minaccia o di aggressione perchè l’entità della minaccia e
dell’aggressione ricevuta è trascurabile, perchè l’impegno istituzionale e burocratico nel denunciarla è molto grave, perchè l’urgenza e la necessità clinica di attendere al paziente successivo mette in secondo piano queste esigenze di tipo personale”.
Lo ha dichiarato Massimo Di Giannantonio a proposito del fatto, come emerge da una indagine di Anaao Assomed, che moltissimi medici non denunciano la violenza. ”Ancora una volta il medico testimonia con la mente e col corpo la sua religione, e cioè l’essere al servizio degli altri”. Per Di Giannantonio ”medici, infermieri e operatori sanitari hanno sposato una carriera che si chiama helping profession, una carriera basata sulla relazione d’aiuto, siamo persone che vivono la loro vita nella pratica di aiutare chi sta male e chi soffre”.
Come mettere un freno, dunque, al fenomeno dell’aggressività? ”Il sistema sanitario nazionale è un enorme, gigantesco patrimonio sociale e qualche cosa di tanto prezioso quanto il Colosseo, dobbiamo aver la capacità di proteggere, far evolvere, far progredire il sistema sanitario nazionale, anche attraverso sistemi di finanziamento straordinario perchè lo abbiamo visto con mano e con occhio: quando viene messa in pericolo la nostra vita e dei nostri cari, il sistema sanitario nazionale è in grado di fornire una risposta altamente professionale, risolutiva e protettiva anche a costo del sacrifico personale: guardiamo il numero dei medici che ha perso la vita nell’esercizio della propria professione”.